17 novembre 2021
Composizione negoziata e certificato debiti contributivi e per premi assicurativi
Con la nota del 12 novembre 2021 l’INAIL fornisce importanti chiarimenti operativi in merito all’accertamento dei debiti dell’imprenditore in crisi.
Com’è noto, nella presentazione dell’istanza sulla piattaforma telematica vanno inseriti una serie di documenti, tra cui il certificato dei debiti contributivi e per premi assicurativi di cui all’articolo 363, comma 1, del decreto legislativo n. 14 del 2019 (articolo 5, comma 3).
Seguendo le istruzioni operative fornite dall’INAIL sarà dunque possibile ottenere, entro 45 giorni dalla domanda, il certificato utilizzabile nella procedura di composizione della crisi.
16 settembre 2021
Concessione abusiva di credito e fallimento: i chiarimenti della Cassazione
La Cassazione, con ordinanza n. 24725/2021 dd. 14/09/2021 interviene con importanti chiarimenti sull’annosa questione della concessione abusiva del credito.
Un primo chiarimento è relativo alla nozione di “abusività”, che si concretizza in quanto effettuata, con dolo o colpa, ad impresa che si palesi in una situazione di difficoltà economico-finanziaria ed in mancanza di concrete prospettive di superamento della crisi, e integra un illecito del soggetto finanziatore, per essere egli venuto meno ai suoi doveri primari di una prudente gestione, che obbliga il medesimo al risarcimento del danno, ove ne discenda l’aggravamento del dissesto favorito dalla continuazione dell’attività d’impresa.
Ciò premesso, non integra abusiva concessione di credito la condotta della banca che, pur al di fuori di una formale procedura di risoluzione della crisi dell’impresa, abbia assunto un rischio non irragionevole, operando nell’intento del risanamento aziendale ed erogando credito ad un’impresa suscettibile, secondo una valutazione ex ante, di superamento della crisi o almeno di proficua permanenza sul mercato, sulla base di documenti, dati e notizie acquisite, da cui sia stata in buona fede desunta la volontà e la possibilità del soggetto finanziato di utilizzare il credito ai detti scopi.
In tale prospettiva il curatore fallimentare è legittimato ad agire contro la banca per la concessione abusiva del credito, in caso di illecita nuova finanza o di mantenimento dei contratti in corso, che abbia cagionato una diminuzione del patrimonio del soggetto fallito, per il danno diretto all’impresa conseguito al finanziamento.
11 settembre 2021
Cessione di partecipazioni societarie: quale destino per il finanziamento effettuato dal socio?
Il Tribunale di Milano ritorna sul tema – assai dibattuto nella pratica – della cessione di una partecipazione societaria effettuata da un socio il quale abbia altresì effettuato finanziamenti alla società.
Con la sentenza 6042/21 del 9.7.21, il Tribunale ha riaffermato che “costituisce principio di diritto comune che dalla cessione di una partecipazione societaria, se non diversamente disposto dalle parti, non consegue quale naturale negotii il trasferimento ad opera del socio cedente dei crediti che questo vanti verso la società, terza estranea al contratto, in quanto aventi fonte in un rapporto connesso ma distinto da quello sociale e quindi estranei al novero dei diritti patrimoniali inerenti alla partecipazione“.
E’ pertanto cruciale effettuare una pattuizione specifica nei contratti di cessione di partecipazioni sociali, riguardo a tali poste, pena l’esclusione del credito vantato dalla società dal trasferimento al nuovo socio.
23 agosto 2021
Pegno non possessorio: pubblicato il decreto concernente il registro informatico presso l’Agenzia delle Entrate
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 190 del 10.8.2021 il decreto n. 114 del 25 maggio 2021 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero della Giustizia, concernente il “registro dei pegni non possessori”.
L’istituto del pegno mobiliare non possessorio è stato introdotto nell’ordinamento italiano dall’art. 1, d.l. 3.5.2016, n. 59 (convertito con modificazioni dalla l. 30.6.2016, n. 119), quale forma di sostegno agli imprenditori iscritti al Registro Imprese, che in buona sostanza possono garantire crediti concessi a loro o a terzi costituendo un pegno sui beni mobili destinati all’esercizio di impresa, senza spossessamento e dunque con la possibilità di trasformare o alienare, nel rispetto della loro destinazione economica, o comunque di disporre dei beni gravati da pegno.
In tali ipotesi, “il pegno si trasferisce, rispettivamente, al prodotto risultante dalla trasformazione, al corrispettivo della cessione del bene gravato o al bene sostitutivo acquistato con tale corrispettivo, senza che ciò comporti costituzione di una nuova garanzia“.
In forza del comma 4 del citato art. 1 “Il pegno non possessorio ha effetto verso i terzi esclusivamente con la iscrizione in un registro informatizzato costituito presso l’Agenzia delle entrate e denominato «registro dei pegni non possessori»; dal momento dell’iscrizione il pegno prende grado ed è opponibile ai terzi e nelle procedure esecutive e concorsuali“.
Il comma 6 del medesimo art. 1 ha demandato a un decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, da adottarsi di concerto con il Ministro della Giustizia, la regolamentazione delle operazioni di iscrizione, consultazione, modifica, rinnovo o cancellazione da effettuare presso il registro dei pegni non possessori, gli obblighi a carico di chi le effettua, nonché le modalità di accesso al suddetto registro; tale disciplina si rinviene oggi, per l’appunto, nel decreto n. 114/2021, appena pubblicato.
Il lungo iter che ha portato alla regolamentazione dell’istituto non può tuttavia dirsi ancora concluso: infatti, secondo la disposizione transitoria contenuta nell’art. 12 del decreto n. 114/2021, il sistema informatico di cui al regolamento dovrà essere realizzato dall’Agenzia delle Entrate entro otto mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento stesso.
11 agosto 2021
Un nuovo strumento per le crisi di impresa: la composizione negoziata
Un nuovo strumento per le crisi di impresa: la composizione negoziata. E’ questo l’elemento di maggiore novità nel “decreto di Agosto”, di cui per ora circolano le bozze.
La novità di rilievo è che questa procedura non si svolge in àmbito giudiziale ma viene gestita dalle Camere di Commercio, attraverso una piattaforma telematica, sulla quale l’imprenditore in stato di crisi anche solo probabile caricherà i dati richiesti.
La procedura coinvolgerà un soggetto esperto, scelto dalle liste che verranno formate a seguito dell’emanazione di appositi decreti ministeriali, aperte ai professionisti con esperienza nelle procedure concorsuali.
Compito primario dell’esperto sarà di verificare se vi siano “concrete prospettive di risanamento” aziendale (art. 5.5) nel termine di 180 giorni dalla nomina.
Pare interessante ad una prima lettura la possibilità che l’imprenditore chieda comunque misure protettive (in sostanza il divieto di azioni esecutive e cautelari) senza che ciò precluda i pagamenti, come invece avviene nel caso del concordato preventivo.
2 luglio 2021
Presunto inadempimento degli Amministratori di una srl e “business judgement rule”
Con sentenza 5546/21 dello scorso 28.6.21 il Tribunale di Milano è intervenuto sul tema del presunto inadempimento degli amministratori di una srl, precisando che “il merito delle scelte di gestione adottate dagli amministratori di società è tendenzialmente insindacabile in sede giudiziale (c.d. “business judgment rule”), salvo il limite della palese irragionevolezza di tali scelte, desumibile dal fatto che l’amministratore non abbia usato le necessarie cautele e assunto le informazioni rilevanti (Cass. 12 febbraio 2013, n. 3409; Cass. 22 giugno 2017, n. 15470).
Si tratta di una valutazione da condurre necessariamente ex ante, non potendosi affermare l’irragionevolezza di una decisione dell’amministratore per il solo fatto che essa si sia rivelata ex post economicamente svantaggiosa per la società.
In particolare, non può essere ritenuto responsabile l’amministratore che, prima di adottare la scelta gestoria contestata, si sia legittimamente affidato alla competenza di figure professionali specializzate (Trib. Milano, 15 novembre 2018, n. 11476).”
Nel caso in esame, si discuteva della correttezza di alcuni atti gestori tra i quali una transazione; sul punto vi era stato un parere legale che aveva consigliato tale soluzione.
In particolare, secondo il Tribunale, “non può essere ritenuta negligente la condotta dell’amministratore o del liquidatore che, nell’adozione delle scelte di gestione, acquisisca prudentemente il giudizio di esperti del settore prima di decidere“.
20 ottobre 2020
Preliminare di acquisto di partecipazioni sociali ed emersione di sopravvenienze passive prima del trasferimento
Il Tribunale di Milano, sez. imprese, con la sentenza 3852/20 del 2.7.2020 è nuovamente intervenuto sul tema della riducibilità del prezzo pattuito in sede di preliminare di cessione di partecipazioni sociali.
Il Tribunale ha premesso che “In tema di vendita di azioni o quote di società… è stato ripetutamente affermato il principio secondo il quale la consistenza patrimoniale della società rileva solo in presenza di una specifica garanzia assunta dal cedente: invero, la cessione delle azioni o delle quote di una società di capitali o di persone ha come oggetto “immediato” la partecipazione sociale e solo quale oggetto “mediato” la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta.
Ne deriva che il difetto di qualità – previsto dall’art. 1427 c.c., come causa di annullamento, e dall’art. 1497 c.c., come causa di risoluzione del contratto – in relazione alla compravendita di partecipazioni sociali, essendo queste attributive di un insieme di diritti ed obblighi in relazione a una società, può attenere unicamente alla “qualità” dei diritti e obblighi che in concreto la partecipazione sociale sia idonea ad attribuire, mentre non può riguardare il suo valore economico, in quanto esso non attiene all’oggetto del contratto, ma alla sfera delle valutazioni motivazionali delle parti, in grado di assumere rilievo giuridico solo ove, in relazione alla consistenza economica della partecipazione, siano state previste esplicite garanzie contrattuali.
In altre parole, vi è differenza tra vendita dell’azione – cui consegue l’acquisto della status di socio ed anche la misura della partecipazione del nuovo socio nella società – e vendita dell’intero patrimonio o di singoli beni della società: solo in quest’ultimo caso oggetto della vendita sono i beni della società (e, quindi, non possono non trovare applicazione le garanzie dovuta dal venditore, con riferimento al patrimonio sociale); nella vendita di azioni, la disciplina giuridica, invece, si ferma all’oggetto immediato e, cioè all’azione oggetto del contratto, mentre non si estende alla consistenza od al valore dei beni costituenti il patrimonio, a meno che l’acquirente, per conseguire tale risultato, non abbia fatto ricorso ad un’espressa clausola di garanzia, frutto dell’autonomia contrattuale, che consente alle parti di rafforzare, diminuire, od escludere convenzionalmente la garanzia, in modo da ricollegare esplicitamente il valore dell’azione al valore dichiarato del patrimonio sociale (nei suddetti termini, Cass. nn. 26690 del 2006 e 16031 del 2007; cfr., anche, Cass. n. 10648 del 2010) (così, da ultimo, Cass. n.17948/2012, in motivazione)”.
Nel caso di specie il contratto prevedeva la rimodulazione del prezzo, solo al ribasso, in presenza di determinate circostanze (sopravvenienze passive e passività non contabilizzate), sicché l’eventuale errore di valutazione del valore della società resta escluso dagli eventi rilevanti ai fini dell’annullamento.
Infatti (Cass. III, 16031/2007) «il difetto di qualità della cosa venduta, ai fini dell’annullamento del contratto per errore … deve attenere unicamente alla “qualità” dei diritti ed obblighi che in concreto la partecipazione sociale sia idonea ad attribuire, mentre non può riguardare il suo valore economico, in quanto questo non attiene all’oggetto del contratto, ma alla sfera delle valutazioni motivazionali delle parti, e quindi può assumere rilievo giuridico solo ove siano state previste esplicite garanzie contrattuali circa la consistenza economica della partecipazione».
Importante anche l’ulteriore precisazione per cui per sopravvenienza passiva si intende, infatti, non qualunque elemento negativo del reddito, ma una componente straordinaria negativa del reddito, ovvero una passività che derivi da operazioni straordinarie o da eventi eccezionali.
In pratica, al verificarsi della sopravvenienza, l’azienda è costretta a registrare nuovi costi o passività, che si sommano a quelli ordinari e che riguardano eventi non preventivati, che non hanno a che fare con la gestione ordinaria dell’attività, la cui natura può essere imprevedibile, occasionale o accidentale.
1 luglio 2020
Contratti di investimento e patti parasociali: quali i limiti alla tutela dell’investitore?
Una interessante sentenza del Tribunale di Milano – sez. specializzata impresa, n. 1195/20 – ha chiarito i limiti che devono essere rispettati nella redazione di un accordo di investimento e ai contestuali patti parasociali, per non incorrere nella nullità prevista dall’art. 2265 c.c..
In particolare secondo il Tribunale, l’intero meccanismo dell’accordo, esaminato nel suo complesso e nell’interezza delle sue previsioni poste a tutela dell’investitore, gli assicurava sempre e comunque la possibilità di beneficiare degli eventuali guadagni e di non sopportare le perdite, attraverso plurime opzioni CALL e PUT che potevano essere esercitate dall’investitore in base all’andamento dell’impresa, ed anche nel caso di fallimento dei progetti di business sottesi all’accordo di investimento e persino dopo la messa in liquidazione e per il caso di conclamata insolvenza, recuperando integralmente quanto investito, se non addirittura somme superiori all’investimento effettuato.
Un siffatto complesso normativo era evidente un esonero assoluto e costante dalla sopportazione delle perdite, con elusione del divieto di patto leonino; divieto che, per giurisprudenza consolidata, deve essere riguardato in senso sostanziale e non certo formale (Cass. 8927/ 1994).
10 aprile 2020
La determinazione dei compensi degli amministratori delle S.p.A.
Con una pronuncia che riguarda una vicenda nota anche al di fuori della cerchia degli specialisti – si trattava dei rilevanti compensi che le Ferrovie dello Stato avevano versato al suo presidente, ing. Giancarlo Cimoli – il Tribunale di Roma ricorda che nelle S.p.A. la norma fondamentale sulla determinazione dei compensi agli amministratori è l’art. 2389 cod. civ., la quale al primo comma dispone: “1. I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all’atto della nomina o dall’assemblea. (…) 3. La rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l’assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche.”
Viene escluso che il compenso possa essere determinato, anche in virtù di una clausola statutaria, dal Consiglio di amministrazione, ai sensi del primo comma.
Ma è da sottolineare il ragionamento dei Giudici riguardo alla previsione del terzo comma: secondo la sentenza in commento il fatto di ricoprire la veste di amministratore delegato non comporta secondo il Tribunale l’attribuzione di “particolari cariche”, con la conseguenza che anche la determinazione di tali compensi deve passare attraverso una determinazione dell’assemblea.
17 febbraio 2020
Limiti ai patti parasociali e clausole nulle
Con una interessante sentenza la Corte di Appello di Milano (sentenza 1195/2020 – RG 5727/2017) ha analizzato un complesso accordo, consistente in un contratto di investimento e in un patto parasociale, quest’ultimo comprendente una opzione put a prezzo fissato convenzionalmente.
Secondo la Corte tale complesso contrattuale può considerarsi in violazione del divieto di patto leonino ex art. 2265 c.c. qualora dall’esame dell’intero e complessivo sistema di clausole dell’accordo in cui l’opzione è inserita emerga la realizzazione di un finanziamento elusivo della causa del contratto di società, idoneo ad escludere il socio da ogni possibile perdita del capitale sociale.
Non è dunque meritevole di tutela ex art. 1322 c.c. per difetto o illiceità della causa concreta un accordo di investimento e patto parasociale con cui viene attribuito ad un socio un diritto di opzione put a prezzo convenzionalmente stabilito, esercitabile anche nell’ipotesi di riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale.
Tale assetto contrattuale gli consentirebbe di sottrarsi illegittimamente e in modo assoluto e costante da ogni forma di perdita, potendo egli sempre ottenere senza la sopportazione di alcun rischio il rimborso del proprio credito mediante la mera retrocessione della partecipazione sociale al prezzo prestabilito.